L’intrapresa di una nuova convivenza di fatto da parte dell’ex coniuge non implica la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno di divorzio.
Le Sezioni Unite Civili della Cassazione, con l’innovativa sentenza n. 32198 pubblicata il 5 novembre 2021, sono intervenute sul tema risolvendo il contrasto giurisprudenziale relativo all’esclusione o meno dell’assegno di divorzio in favore del coniuge economicamente più debole, nel caso in cui questo instauri una stabile convivenza con un’altra persona.
Le Corte di Cassazione ha chiarito che l’instaurazione di una convivenza di fatto, una volta accertata, ben può incidere sull’an e sul quantum dell’assegno di divorzio, ma non comporta necessariamente la perdita automatica ed integrale dell’assegno stesso, avendo quest’ultimo natura composita (assistenziale da una parte e perequativa/compensativa dall’altra – Cass. S.U. 11 luglio 2018, n. 18287).
I Giudici di legittimità hanno evidenziato come la nuova relazione intrapresa dal coniuge richiedente o beneficiario dell’assegno , laddove accertata giudizialmente, incide sul diritto al riconoscimento dell’assegno di divorzio, sulla sua revisione o sulla sua quantificazione, ma solo per la componente prettamente assistenziale.
Il coniuge economicamente più debole, pur avendo instaurato una nuova stabile convivenza, conserva invece ancora il diritto all’assegno divorzile in funzione compensativa laddove fornisca la prova del contributo offerto alla comunione familiare, della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio, dell’apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge.
La decisione delle Sezioni Unite supera così definitivamente il precedente orientamento in base al quale veniva di regola ritenuto insussistente il diritto all’assegno divorzile in presenza di un convivenza more uxorio stabile ed espressiva di un progetto di vita comune.
Il ragionamento posto alla base della decisione assunta dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite è duplice.
Il nuovo legame instaurato dal coniuge con un’altra persona , dal quale derivano reciproci obblighi di assistenza morale e materiale, si sostituisce al precedente e costituisce espressione di una scelta esistenziale libera e consapevole che giustifica il venir meno della componente assistenziale dell’assegno.
Ciò non può dirsi però per la componente compensativa-perequativa, non potendo la stessa essere “recuperata” instaurando un nuovo progetto di vita e non avendo comunque alcuna connessione con detto progetto.
Pertanto, qualora sia giudizialmente accertata l’instaurazione di una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole, questi, se privo anche dell’attualità di mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, mantiene ancora il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa.
L’assegno di divorzio è del resto finalizzato a riequilibrare le condizioni patrimoniali degli ex coniugi, quando uno di essi, privo di mezzi adeguati, abbia sacrificato aspettative professionali e di emancipazione, in nome di un progetto familiare condiviso, con conseguente beneficio per l’altro.
L’elemento compensativo dell’assegno mira, infatti, a ristorare l’ex coniuge di mancati introiti o di redditività, di cui avrebbe potuto beneficiare, ove la coppia avesse inteso distribuire in maniera differente i ruoli all’interno della famiglia (sempre che i sacrifici fatti non siano già stati “ristorati” durante il matrimonio attraverso la scelta del regime patrimoniale della comunione dei beni e/o al momento della separazione consensuale, ovvero del divorzio congiunto).
L’assegno divorzile non è solo volto ad assicurare per il futuro all’ex coniuge economicamente più debole una vita autonoma e decorosa (funzione assistenziale) ma mira a compensare gli sforzi e sacrifici da quest’ultimo profusi in costanza di matrimonio a beneficio dell’altro (anche in termini economici e lavorativi) e dell’unione familiare.
Spetta sempre al coniuge richiedente l’assegno dimostrare la sussistenza dei presupposti assistenziali, compensativi e perequativi.
Se risulta, attraverso un accertamento rigoroso, che questi presupposti ricorrono, anche in presenza di una nuova convivenza sarà comunque riconosciuto un assegno adeguato all’apporto fornito dal richiedente nella realizzazione della vita familiare in ogni ambito di rilevanza. Se, invece, questi presupposti non vengono dimostrati, l’assegno divorzile non potrà che essere negato per mancanza dei suoi presupposti.
La Corte di Cassazione ha, infatti, ribadito che per ottenere l’assegno non è sufficiente operare un generico riferimento al contributo dato alla formazione del patrimonio familiare.
Solo la dimostrazione concreta della sussistenza di questo apporto può portare al riconoscimento del diritto all’assegno divorzile sotto il profilo perequativo-compensativo.
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